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La connessione con il cuore

Ascoltare il cuore, portare lì l’attenzione un pochino ogni giorno.


Oggi mentre continuo a procedere con uno sguardo di curiosità verso questa vita e verso tutto ciò che da essa ho da imparare, posso affermare -come donna, madre e psicologa- che la connessione con il proprio cuore è senza ombra di dubbio una delle strade da percorrere se siamo realmente interessati ad uscire da quello stato di sofferenza, che spesso accompagna in modo protratto la vita di molte persone.


Proprio il cuore che non a caso si trova nella parte centrale del nostro corpo, in questi tempi bui ci chiede a gran voce di essere riportato al centro della nostra Vita.


Le Neuroscienze oggi ci dicono che il campo energetico del cuore è il più ampio e potente di tutti quelli generati da qualsiasi altro organo del corpo, compreso quello del cervello. Il suo diametro d’azione si estende dai due metri e mezzo ai tre metri e ciò significa che l’energia emessa da questo nostro organo si espande non solo all’interno del nostro corpo ma anche verso l’esterno e come tale, questa energia viene “captata” da chi ci circonda.


Questo vuol dire che iniziare a dar voce al proprio cuore, ha in primo luogo un effetto benefico su se stessi perché tutto il lavoro di consapevolezza e di attenzione a lui rivolto, si propaga verso tutte le cellule del nostro corpo, le quali imbevute del messaggio da esso veicolato, si modificano e svolgono le proprie funzioni con quell'armonia di fondo che sostiene al meglio il loro operato. Ma significa altresì che l'effetto dell'apertura del proprio cuore può venir registrato dagli altri, proprio perché il campo d'azione delle vibrazioni da lui emesse raggiunge l'esterno, come a dire "facendo del bene a me stesso, lo sto offrendo anche agli altri". Non ti è mai capitato di sentirti bene semplicemente stando accanto a una persona che emana pace?


Portare l’attenzione al cuore significa da un lato iniziare a far proprie pratiche introspettive/meditative da svolgere ogni giorno, portando il nostro focus sul nostro battito cardiaco congiungendo entrambe le mani sul cuore mentre per esempio prima di dormire, ripercorriamo mentalmente la nostra giornata ed esprimiamo gratitudine per ciò che abbiamo vissuto.


Significa altresì far tesoro e mettere in pratica quelle antiche quanto nuove conoscenze che ci spiegano ciò che invece rende sempre più chiuso questo nostro cuore.


Sentimenti di odio, indignazione, rabbia protratta nel tempo: eccoli pronti a inficiare la nostra salute psicofisica ogni volta che lasciamo che abitino casa nostra in modo continuativo. Dobbiamo rendercene conto e attuare un cambiamento reale partendo da questa consapevolezza.


L’odio è un sentimento distruttivo: chiude, stringe, annulla e questo effetto lo ha in primo luogo sulla persona che lo nutre dentro di sé -mentre lo dirige verso un’altra persona-, prima ancora che sulla persona verso cui è rivolto.



“Portare la pena nel cuore è autodistruggersi” come afferma una delle persone intervistate da Thomas Torelli nel suo docufilm Choose Love di cui vi suggerisco caldamente la visione per la qualità dei contenuti trattati -la scelta dell'amore e del perdono come scelta di vita- e per lo spessore delle persone intervistate. ( Qui il trailer)





Questo non significa che le emozioni che si muovono lungo quest’asse, quali rabbia, rancore, disappunto, vadano represse, perché in realtà quanto più vogliamo scacciare da noi un’ emozione quanto essa trova la strada spianata per ritornare a noi con più e più forza.


L’obiettivo dell’essere umano che vuole rientrare in contatto con la sua vera essenza, non è eliminare dalla sua vita la sofferenza e le emozioni ad essa connesse ma piuttosto dare un senso ad esse ed usarle -tutte, incluse le situazioni che provocano un grande abbattimento- come base per la nostra ristrutturazione interna.


Sapere che l’odio è un sentimento carico di effetti nocivi per chi lo vive, significa piuttosto che dobbiamo impegnarci a iniziare ad usare queste emozioni che bussano alla nostra porta quando per esempio sentiamo di essere stati trattati ingiustamente , "come se" la loro presenza fosse un’ importantissima occasione di Lavoro su noi stessi.


Non dunque occasione per imparare a scacciarle da sé -come se dentro di noi ci ripetessimo “non voglio provare quest’emozione, non voglio provarla!” ma come occasione per trasformare questo odio in accettazione o perdono.


Va da sé che questo passaggio, questa sublimazione da emozioni distruttive ad emozione costruttive non è un percorso semplice, anzi a volte è molto lungo e contorto ma dall’altra parte di questo “cammin di nostra vita” ad attenderci vi è una vita di spessore.


Una vita di spessore non è una vita in cui tutto diventa rosa e fiori bensì una vita in cui tutto inizia a diventare comprensibile, tutto inizia ad avere un senso perché occhi che si allenano giorno per giorno per cercare il significato di ciò che mi succede, incluso il dolore, sono occhi che ad un certo punto iniziano davvero a scorgere questo filo sottile che lega tutto e tutto lega a sé.


La questione fondamentale è iniziare ad esercitarsi. Questo esercizio può essere svolto tanto rispetto alle piccole questioni di tutti i giorni, quanto nei confronti di quelle grandi come per esempio il rapporto che abbiamo con i nostri genitori che sovente è carico di rancori spesso non espressi. E' altresì un esercizio che può perfettamente andare a braccetto con il Lavoro che facciamo su noi stessi magari coadiuvati dall’aiuto di un professionista, lavoro volto a portare luce sui nostri aspetti d’ombra che tanto inficiano il nostro ben-essere fintanto che non vengono riportati a galla per poi essere compresi e integrati sotto una luce differente.


E come per ogni cosa: è bene iniziare dagli aspetti più semplici, dagli esercizi di applicazione più immediata piuttosto che inerpicarsi come scalatori inesperti per sentieri ancora non battuti per raggiungere a tutti i costi la vetta.


Iniziare dalle cose semplici: scegliere l’amore quando la mamma della compagna di classe di tua figlia ti risponde con toni carichi di rabbia.


Scegliere l’amore significa allora scegliere di Lavorare su di sé proprio nel momento in cui si verificano queste circostanze -che la Vita ci serve su un piatto d’argento- in cui ci verrebbe da rispondere a quell’attacco attaccando ancor più forte.


Dobbiamo sapere che questa re-azione spesso è l’espressione della nostra necessità di possedere noi la ragione, provando il torto dell’altra persona.


Lavorare su di sé proprio in quel momento significa restare a te presente quando senti che stai per reagire con un’ eguale dose di rabbia; significa saper identificare l'esatto istante in cui quel moto interiore sopraggiunge, rinocoscendolo come tale: una re-azione ad una circostanza esterna: una difesa che metto in atto perché mi sto sentendo attaccata o trattata ingiustamente.


Non significa per forza di cose restare muti, anche se volte sì, il silenzio vale più di mille parole- ma Lavorare su di Sé significa iniziare a saper osservare per esempio che la persona che è dinnanzi a me sta riversando su di me cose sue, irrisolti suoi, né più né meno.


Lavorare su di Sé significa anche, in un secondo momento iniziare a domandarti quanto anche tu ti comporti così con gli altri: quante volte anche tu usi gli altri per svuotarti da emozioni scomode che riemergono in superficie, elicitate dalle situazioni che vivi tutti i giorni, ma che sono lì a portata di mano perché legate come sempre alla tua storia personale spesso carica di questioni dolorose rimaste aperte perché mai affrontate.


E scegliere l’amore significa piano piano anche spostare il focus dalla tua

sofferenza personale verso quella della persona che ti ha attaccato. Sovente quando siamo in crisi diventiamo ai nostri occhi gli unici a portare questa gran croce, il focus è tutto su di noi, sulle nostre pene, sulla nostra vita "così ingiusta con noi".. Lavorare su di sé implica ad un certo punto la necessità di volgere queste telecamere auto centrate, verso lo spazio che ci circonda, proprio verso chi ci risponde male o ci tratta male per iniziare a soffermarci su di lui/lei. Sarà forse che anche costui/costei esprime la sua insoddisfazione, il suo dolore reagendo a ciò che dico? E lo fa nel modo in cui ha imparato a fare? Sarà invece che offrendole io compassione, magari solo provandoci un po’ all’inizio -anche se poi ritornerà all’attacco la mia parte giudicante- potrei iniziare a ottenere io dei benefici per me stesso? Sarà che la mia percezione potrà vivere pian piano una tras-mutazione e di conseguenza anche la mia salute psicofisica? Sarà?.


Sarà.


Buon Lavoro.

Wilma Riolo

Psicologa, Psicologa Perinatale e Ricercatrice Indipendente

wilma.riolo@gmail.com

345-7955225

Ricevo su appuntamento a Milano -zona Stazione Centrale- e via Skype

345-7955225 wilma.riolo@gmail.com

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