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Dinanzi a un sistema competitivo il nostro potere è la nostra consapevolezza

Un sistema competitivo genera invidia e frustrazione.


Ne siamo consapevoli?


Il sistema all’interno del quale viviamo è un sistema competitivo che ci mantiene inseriti in continue classifiche fatte da un lato del classico primo, secondo e terzo posto (e tutti gli altri fuori) e dall’altro è costituito da valutazioni aride perché confinate all’interno di un sistema numerico che non descrive ma misura. Basti pensare alle valutazioni scolastiche che di descrittivo e ampio hanno ben poco in quanto continuano ad appoggiarsi a numeri anziché a parole. (Un ringraziamento speciale a quegli insegnanti che mantengono viva la valutazione descrittiva dell'alunno nonostante il sistema numerico a cui devono riferirsi)


In questo sistema ci viviamo da quando siamo venuti al mondo ergo noi siamo esseri piuttosto pieni di invidia e frustrazione, perché il continuo confronto sostenuto dalla scelta delle classificazioni numeriche fa questo: genera persone che misurano se stesse sulla base della qualità della propria prestazione con un occhio, se non due, sempre puntato verso il risultato ottenuto dagli altri.


Questo fatto accade perché l’ambiente - in questo caso il sistema nel quale viviamo- ci influenza, in quanto l’essere umano è per natura un essere influenzabile, tanto in positivo quanto in negativo. Questo è sempre stato così. Nel bene e nel male, noi non siamo isolati dal sistema d’appartenenza: ne facciamo parte e facendone parte percepiamo le correnti da cui tale sistema è composto e ci facciamo da queste influenzare.


Quando una cosa ci influenza?

Quando è più grande di noi. Quando è costituita da un’energia più potente di quella che noi incarniamo.


E’ sufficiente che un’energia sia potente per influenzarci?

Non proprio, perché deve anche trovare il terreno giusto per poter esprimere il suo potere di influenza.


Cosa significa?

Significa che se questa energia trova intorno a se un terreno (esseri umani) che si presta a venir influenzato, lei riesce a fare il suo lavoro. Se invece questo terreno non si rende disponibile, il potere di influenza di suddetta energia su questo terreno decresce.


In che modo allora possiamo intervenire in questo processo? Ovvero in che modo possiamo renderci meno influenzabili?

Aumentando la nostra consapevolezza perché la nostra consapevolezza è il nostro potere. Se tu divieni consapevole, diventi più forte e di conseguenza la corrente che prima ti spazzava via, ora incontra in te una resistenza -la tua forza- e automaticamente questa corrente diviene più debole: perde il suo potere di influenza sulla tua persona. Proprio come l’acqua che incontrando una diga viene da quest’ultima frenata nel suo decorso.





Mi fai un esempio?

Certo. Poche righe più su ho affermato che “facendo parte di un sistema competitivo, noi siamo diventati (per forza di cose) degli esseri pieni di invidia e di frustrazione”. Le persone meno invidiose e meno frustrate sono quelle che nella loro infanzia sono riuscite a non rimanere alla completa mercé di questo sistema e questo perché hanno avuto dei genitori soccorrevoli ovvero dei genitori che, consapevoli  dell’impostazione competitiva del sistema, hanno accompagnato i loro figli a non rimanere eccessivamente invischiati nei meccanismi di svalutazione, frustrazione e invidia che suddetto sistema, per come è fatto, crea e mantiene accesi in noi. Quindi la forza di questi genitori, che equivale alla consapevolezza di cui si sono fatti custodi, ha fatto sì che il potere di influenza del sistema non riuscisse ad essere così potente come sarebbe invece stato se non avesse trovato sul suo cammino la resistenza incarnata dalla consapevolezza genitoriale. Mi spiego con un esempio: un conto è un genitore che alle parole della maestra dette in una riunione di classe (esempio vero, io c'ero) “io vorrei che tutti i miei alunni fossero bravi come l’alunno x” ne discute a casa con il figlio portando lui osservazioni inerenti l'importanza di imparare a vedersi e apprezzarsi per ciò che ognuno porta con sé senza la necessità di paragonarsi agli altri; un altro conto è invece un genitore che sostiene dentro di sé il discorso della maestra (perché egli stesso è vittima non ancora liberatasi da un sistema che inneggia "all’essere il più bravo") e assume un atteggiamento tale per cui inizia a pretendere dal figlio il suo massimo rendimento scolastico, tralasciando la preziosa occasione di confrontarsi con lui e di portare la sua attenzione sull’importanza sì dell’impegno scolastico ma senza quella pesantezza che è figlia diretta dei paragoni usati senza cognizione di causa e che genera inevitabilmente frustrazione, invidia e ansia.


Quante persone si sono salvate? 

Pochissime, perché sono stati davvero pochi i genitori capaci di vedere e di conseguenza proteggere i propri figli da tutto ciò.


E questo cosa significa?

Che ognuno di noi - chi inizia a comprendere quanto sia vitale uscire dai pesanti condizionamenti che ci portiamo addosso- ha un bel lavoro da compiere sulle proprie parti interiori frustrate, invidiose e svalutate; e questo sia perché fare finta che non ci siano o sentirle ma non prestare loro ascolto, significa aumentare la nostra sofferenza e la sofferenza del mondo, sia perché grazie ad un lavoro di pulizia e alleggerimento interiore, il nostro livello di consapevolezza si innalza e questo fa del bene a noi , ai nostri cari e al sistema di cui facciamo parte.


Buone riflessioni, un saluto

Wilma Riolo

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