Tre riflessioni sul controllo
Prima riflessione:
Il tentativo di controllare o di fare accadere qualcosa è agito dal nostro ego.
Le cose infatti non accadono perché tu le fai accadere.
Le cose accadono come i fiori sbocciano da sé.
Noi in quanto esseri umani possiamo accompagnare le cose ad accadere ma ciò che accade e che deve accadere, accade da sé e non ha più bisogno di te e del tuo controllo.
Torniamo ai fiori: pensa ad una rosa; tu puoi sostenere la sua presenza nella vita, mettendo il suo seme in terra e avendone cura, ma poi il resto accade da sé
La rosa accade
Senza il tuo intervento.
Invece noi cosa facciamo?
Controlliamo tutto e ci è davvero difficile uscire da questo controllo.
Ma questa difficoltà ha una sua ragion d'essere: quando eravamo bambini abbiamo dovuto mettere da parte la nostra spontaneità a favore del controllo perché dovevamo sopravvivere in seno a situazioni familiari non semplici.
Chi ci è venuto incontro dinanzi allo smarrimento che da piccini abbiamo provato difronte a richieste o atteggiamenti del mondo adulto per noi incomprensibili, è stato il senso del controllo che via via si è venuto sempre più sviluppando e rinforzando, proprio per aiutarci a proteggerci.
"Se io controllo le mie reazioni farò felici i miei genitori". "Se io controllo il mio impegno nello studio, loro saranno orgogliosi di me"
E così avanti, controllo su controllo, avanti così.
Ecco perché è difficile ammorbidire questa dimensione: perché in un certo senso ci ha salvato.
Seconda riflessione:
Dicevamo ieri
Che al controllo dobbiamo tanto
perché grazie al controllo ci siamo potuti proteggere quando eravamo piccoli e l'ambiente intorno a noi ci voleva in un determinato modo (buono, gentile, ubbidiente, non arrabbiato etc)
Ma proteggere da cosa?
Dalla perdita dell'amore di mamma e papà.
Per non perdere l'amore dei nostri genitori
abbiamo infatti dovuto imparare a controllare molti dei nostri comportamenti non visti di buon grado e lo abbiamo fatto a discapito della nostra spontaneità.
Per il bambino infatti l'amore dei suoi genitori è più importante della sua spontaneità; a quest'ultimo può rinunciare ma al primo..sia mai.
E qui interviene il controllo: se io controllo ciò che di me a loro non piace, io ne ottengo l'amore. Nella testa del bambino "accade questo ragionamento" anche se lui non ne è consapevole e anche se non è vero che così facendo si garantisce l'amore dei suoi genitori.
Tutte le forme di controllo a cui diamo vita vengono agite da così giovane età, che nell'oggi abbiamo praticamente sulle nostre spalle tanti anni di questo atteggiamento quanti (un filo meno) ne abbiamo oggi! Mica poca roba
Ecco perché nell'oggi è difficile ammorbidire questa dimensione; infatti a furia di tenere in vita un certo atteggiamento, questi a poco a poco diventa Re in casa nostra.
Terza riflessione:
Non si lavora sul controllo direttamente.
Perché prendere di petto qualsiasi nostra dimensione cristallizzata, sia essa un atteggiamento o un'emozione non fa altro che darle potere
La spada chiama spada, ricordiamocelo!
Quindi avere un'attitudine aggressiva verso ciò che di noi ci risulta pesante (per esempio il controllo eccessivo o l'eccesso di rabbia etc) non aiuta quella dimensione a ridimensionarsi.
Per intenderci non serve immettere ulteriore giudizio e severità verso ciò che di noi ci risulta pesante.
Ma allora se non si va direttamente a lavorare sul controllo, che si può fare?
Si va verso la spontaneità!
Ricordi?
Il bambino amplifica il controllo e perde la sua spontaneità (come tentativo di non perdere l'amore dei genitori i quali lo vogliono in un modo e non come lui è)
Bene, noi adulti invece dobbiamo percorrere la strada inversa rispetto a quella che fa il bambino: andremo per tanto a occuparci della nostra spontaneità: avremo di lei cura nel senso che ci daremo amorevolmente da fare per sostenerla.
Mi vergogno a dire una certa cosa perché mi sembra stupida, ma una parte di me vorrebbe dirla?
Faccio fatica a sincerarmi con un'amica perché ho paura della sua reazione?
Tendo di dire no ai miei figli difronte a una stessa loro richiesta, ma una parte di me forse vorrebbe dire di sì?
In primo luogo mi sarà da aiuto riagganciarmi alla consapevolezza che il controllo che sto agendo su quelle situazioni, non è un controllo dell'oggi, legato realmente a ciò che sta accadendo oggi ma è piuttosto un meccanismo nato nella mia infanzia e che mi tiene ancora sotto scacco. In secondo luogo dovrò ricordarmi che è giunto il tempo di cominciare a nutrire la mia spontaneità; per questo dinanzi a situazioni in cui mi noto piuttosto controllante, mi incoraggerò e lascerò che la mia spontaneità emerga e ciò anche in virtù del fatto che continuare a vivere senza assumersi il rischio di vivere, si chiama sopravvivenza e non vita!
Ricorda:
Quanto più terrai uno sguardo di amorevole attenzione sulla tua spontaneità e la coltiverai tanto più indirettamente starai lavorando anche sulla dimensione del controllo.
Questa è una strada.
Non l'unica
Un caro saluto
Wilma
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