Che senso ha il senso di colpa?
“Non glielo ho detto e poi mi sono sentita tremendamente in colpa”, “Non posso farci nulla, so che dovrei agire diversamente, ma se lo faccio poi sono assalito da grandi sensi di colpa”, “Sentiti in colpa per quello che hai fatto, è il minimo che tu possa fare ora”…
Tante espressioni, diverse tra loro. Espressioni che usiamo nell’ interazione con gli altri o che rivogliamo a noi stessi più o meno consapevolmente e che riconducono ad uno stesso nucleo: alla sensazione spiacevole che accompagna la valutazione di non avere fatto ciò che sarebbe stato meglio fare o per contro di avere fatto ciò che invece non andava fatto.
Questo è uno degli aspetti del senso di colpa su cui ti invito a portare la tua attenzione: il senso di colpa ruota intorno al verbo FARE, voce del verbo agire, muoversi, compiere, dire, creare etc.
Questa sensazione di avere fatto qualcosa di sbagliato o di non avere fatto ciò che era giusto fare, nasce in tenera età.

Eh sì, la maggior parte delle forze che vivono nel nostro corpo e nella nostra anima e che ci spingono poi a muoverci in un certo modo piuttosto che in un altro, hanno origine nella nostra infanzia. Il nostro modo di vedere gli altri, di percepire noi stessi , la nostra propensione ad approcciarci alla vita in difesa o in attacco così come la nostra attitudine a sentirci in colpa o per contro a dare la colpa agli altri, si nutrono di quello che abbiamo respirato nei nostri primi anni di vita. L’ infanzia è l’ epoca in cui siamo stati letteralmente imbeccati dai nostri genitori rispetto ad una ampia gamma di questioni che concernono la vita stessa.
Nel senso di colpa il quid ruota intorno alla visione offertaci dai nostri genitori rispetto a ciò che era giusto o non giusto compiere, rispetto alla correttezza o meno di certi nostri atteggiamenti. Giustizia e correttezza che vengono a dire al bambino "sei degno dell'amore di mamma e papà se ti comporti nel modo in cui ti diciamo di fare".
Quanto più l’ambiente familiare con cui ci siamo rapportati fin dal nostro arrivo, è stato carico di doverizzazioni, di moniti a comportarci in un certo modo - un modo ben lontano dalla nostra naturale attitudine del fanciullo - quanto più il senso di colpa viene ad annidarsi dentro di noi.
Il senso di colpa fa ingresso nella nostra vita nel momento in cui noi, bambini di ieri, abbiamo rivolto il nostro interesse verso la realtà circostante perché mossi dal desiderio di conoscerla. E’ solo facendo esperienza del mondo infatti che il bambino può gradualmente conoscere se stesso vivendo, sbagliano provando e riprovandoci ancora.
“Non toccarti il pisellino, via le mani da lì”. C’è una pulsione naturale che conduce il bambino a toccarsi i genitali, ad esplorare quella zona -che non a caso è ben irrorata da un punto di vista energetico- pulsione che sussiste, perché mette il bambino nella sana condizione di continuare a fare esperienza di sé anche attraverso il corpo. Ma arriva l’ordine “non si fa” e il mondo interiore del piccino incassa il colpo.
“Finisci tutto quello che c’è nel piatto”. Il piccolo è sazio, il suo stimolo di fame è stato soddisfatto ma la mamma o il papà “per il suo bene” lo obbligano a terminare tutto quello che c’è nel piatto, perché non si può sprecare il cibo, perché così è giusto, perché così i genitori del piccolo hanno a loro volta imparato quando erano bambini. Ecco un nuovo ordine. Un nuovo colpo da incassare.
Pretendere ordine, silenzio in casa, essere intransigenti sull’ igiene, umiliare il bambino anche pubblicamente per avere detto ciò che pensava (i bambini sono senza filtri ovvero dicono ciò che pensano) sono tutti esempi di imposizioni genitoriali che vietano al bambino di compiere esperienze di conoscenza del proprio sé attraverso la realtà esterna.

Nel momento in cui arriva il divieto o l’imposizione, il piccino può scegliere se chinare il capo al volere dell’adulto o se invece trovare una strategia per potare avanti comunque il suo intento. Quello che può succedere è che i bambini che per temperamento sono più “malleabili” di altri, più inclini a sentire le doverizzazioni come stimoli a cui sottostare, optano per rifugiarsi dentro di sé, diventando estremamente ubbidienti e accondiscendenti. Questa è una modalità che viene messa in atto per sopravvivere a questi attacchi psicologici e per continuare a ricevere amore perché “se io mi comporto come loro vogliono che io faccia, io sarò amato”.
E i nostri corpi -che ahimè ancora non consideriamo come mezzo attraverso cui la nostra anima ci comunica se il nostro Spirito sta realizzando o meno la sua volontà - ci parla chiaramente di questo schiacciamento energetico. Quando c’è questo ritiro verso l’interno, quando il bambino scegli la strada dell’ubbidienza, il corpo diventa tondo, goffo, privo di tono: l’irrorazione sanguigna è carente: la pelle è molto chiara; c’è ritenzione idrica che indica proprio l’atto di trattenere dentro di sé.
Ma procediamo.
Se il senso di colpa, come abbiamo visto, trova appiglio e si ingarbuglia nel verbo fare, succede che il fare è a tutti gli effetti una strada da ri-percorrere al contrario per svincolarsi dal senso di colpa. Agire, mettersi in moto, non è il primo step da compiere, ma resta comunque uno passaggio necessario perché, per dare vita ad un altro me, -quello più autentico, quello che agisce nel mondo non nel pieno rispetto della volontà dei genitori, dei condizionamenti culturali e sociali, ma nel pieno rispetto della volontà del suo vero Sé - devo potere trovarmi nelle condizioni di osservarmi diverso. E per farlo devo creare quelle situazioni in cui posso osservarmi soggetto attivo della mia trasformazione, soggetto che muta verso il suo sé autentico, agendo e superando i blocchi iniziali imposti dalla mente che vuole che le cose dentro di noi restino così come sono.
Il primo step interessa la consapevolezza: da lì si parte. E’ necessario identificare i nostri sensi di colpa, riconoscere quali sono, vedere che essi non sono altro che un programma dentro di noi che si aziona e che ci dà ordini. La consapevolezza aiuta e molto, proprio perché più inizio ad osservare ciò che mi muove in me, più posso un po' alla volta disattivarlo.
Ma c’è un altro passaggio fondamentale: dobbiamo renderci conto che dietro ad ogni azione compiuta o non compiuta, per la quale poi ci siamo sentiti in colpa, vi sono uno o più bisogni personali che, proprio grazie a come abbiamo agito, sono stati soddisfatti.
Per esempio: porre dei limiti all’invadenza di una persona che richiede le nostre

attenzioni per dare sfogo alle sue lamentele, può farci sentire in colpa perché sentiamo di essere venuti meno al nostro bisogno di offrire calore umano o sostegno all’altro (bisogni che rientrano nella sfera dei bisogni di interdipendenza). Tuttavia porre freno all’ altro ci permette di andare a soddisfare altri bisogni come per esempio il bisogno di autenticità “ho bisogno di essere autentico, fare e dire ciò che penso, e di porre freno a chi invade la mia autenticità”; il bisogno di protezione “questa volta non sono stata disponibile come sempre ad ascoltare i suoi problemi perché in questo modo ho potuto proteggermi dalle influenze esterne che appesantiscono il mio essere” o per esempio il bisogno di pace “non esserci stata per l’altro mi ha garantito un momento di pace e tranquillità interiore”
E' di estrema importanza rendersi conto che il senso di colpa si instaura in noi e poi scatta come una molla, ogniqualvolta agiamo per andare a soddisfare i bisogni degli altri o per nutrire quella sfera specifica di nostri bisogni che sono bisogni legati all’interdipendenza e che parlano della mia relazione con gli altri, del mio sentirmi “vivo” solo se vengo riconosciuto dall’altro (sentirsi accettato-offrire accettazione, sentirsi amato-offrire amore, sentirsi apprezzato-offrire apprezzamento e così via: onestà, rispetto, sicurezza, stima, responsabilità etc…)
Dunque se sei attanagliato dai sensi di colpa significa che sei lontano da te stesso e allo stesso tempo sei tutto proiettato sugli altri. Sei distaccato dai tuoi bisogni perché sei intento a nutrire quegli degli altri perché una parte della tua mente ti sta dicendo che puoi ricevere amore solo se l'altro si occupa di te e l'altro si occuperà di te solo se ti comporti come lui vuole che tu faccia.
Eradicare il senso di colpa non è semplice perché come succede con tutte le emozioni, esso è alimentato da quelle che sono le nostre credenze che a loro volta sono impregnate del nostro vissuto. E dunque comporta un lavoro di rivisitazione della propria storia personale, un lavoro focalizzato non tanto sui fatti accaduti ma su come sono stati letti, vissuti e sentiti da noi, quando eravamo bambini.
Che non sia semplice non significa che non sia fattibile, ma per ottenere certi risultati non possiamo essere sprovvisti di un ingrediente fondamentale con cui a volte mi imbatto nel lavoro con i miei pazienti. Si tratta della volontà, della voglia di trasformare ciò che fa stare male, di lasciare piano piano morire quelle parti di noi che non sono più funzionali, per fare spazio al nuovo. Fortunatamente "nulla si fissa per sempre" e anche chi è carente dell’elemento fuoco che parla appunto della nostra volontà, può rianimarlo dentro di sé attraverso alcuni accorgimenti.
E dunque che tu sia una persona attanagliata dai sensi di colpa o che tu senta la loro presenza magari solo in circostanze specifiche, ricorda che puoi sempre scegliere di lavorarci su perché il senso di colpa ostacola il tuo essere più autentico e limita la tua felicità e vitalità.
Chi è corroso dai sensi di colpa sovente blocca -anche se inconsapevolmente- l’espressione della rabbia, la quale proprio per essere tenuta dentro, causa tutta una serie di scompensi psicofisici su cui è bene portare uno sguardo di consapevolezza. Tuttavia anche sensi di colpa non così pervasivi portano comunque a qualcosa che a lungo andare risulta deleterio per l’essere umano. Si chiama lamentela che altro non è che un conflitto in cui si scontrano due forze: una interna che vuole il cambiamento e che dice “non ne posso più di tutte queste chiamate da parte di Maria, sono diventata la persona su cui scarica tutti i suoi problemi” e l’altra che pur non amando la situazione che si è venuta a creare, non fa nulla per trasformarla.. è la voce che una volta alzata la cornetta dice “Ciao Maria, come stai? Dimmi pure, cosa c’è che non va oggi?”.

Tanti gli strumenti a disposizione che possono agevolare l’ uscita da queste dinamiche e che vanno a integrare il lavoro più meramente cognitivo che passa attraverso la presa di coscienza e il riconoscimento di talune dinamiche familiari in cui siamo rimasti invischiati. I Fiori di Bach sono un ottimo strumento a nostra disposizione in tal senso; Pine -il pino silvestre- è il fiore che lavora per eccellenza sul senso di colpa. La Bioenergetica offre esercizi utilissimi per andare a smuovere certi blocchi corporei che si sono originati in seguito all’assunzione di taluni atteggiamenti che sono alla base dei sensi di colpa. Da una prospettiva alchemica, vitale è l’asepsia ovvero la pulizia di quelle strutture del nostro corpo che sono deputate allo smaltimento delle tre sostanze di cui tutti noi siamo formati -zolfo, sale e mercurio -. Sostanze che, quando restiamo imbrogliati in certe dinamiche e continuiamo ad assumere certi atteggiamenti non funzionali al nostro benessere, vengono prodotte in eccesso andando a ostruire le nostre naturali vie di smaltimento delle sostanze stesse, provocando una serie di squilibri psicofisici.
Vi saluto consapevole del fatto che un argomento estremamente vasto quale il senso di colpa è impossibile da trattare in modo esaustivo attraverso un articolo. (Ho trattato altri aspetti del senso di colpa qui
E vi saluto ricordandovi che il senso di colpa ci sprona a ricordarci che la prima forma di AMORE che dobbiamo nutrire è quello per noi stessi e non l’ amore che siamo così avvezzi a ricercare o a dare all’altro; quest'ultimo sarà un amore sano solo quando sarà il riflesso di ciò che ci portiamo dentro: l'amore proprio.
Dimenticavo, un saluto a Maria! “Mi dispiace amica ma ora non posso ascoltarti, ho un impegno urgente con me stessa: vado a nutrire i miei bisogni.
Un caro saluto
Wilma
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Bibliografia
- "Trattato di Alchimia delle emozioni" di Gianpaolo Giacomini
- "Liberarsi dal senso di colpa" di Holly Michelle Eckert
- "Le 5 ferite e come guarirle" di Lise Bourbeau