Cosa "fare" quando pensiamo troppo
Quando impariamo ad avere paura del futuro, e ciò succede sempre poco a poco senza che ce ne rendiamo conto, iniziamo a immaginare scenari carichi di incertezza e di difficoltà, anche se essi non sono reali.
Sperimentare incertezza è umano: domandarsi come sarà l’esperienza che sto per vivere è una forma mentis propria della nostra specie. A differenza degli animali noi siamo infatti dotati di una neo corteccia che da un lato ci dà la possibilità di viaggiare mentalmente più in là nel tempo e dall’altro ci permette di fare delle riflessioni e delle congetture su un tempo che non è l’adesso.
Se l’incertezza, il dubbio e l’ansia legate al futuro, iniziano a fare spesso capolino dentro di noi, questo significa che i nostri aspetti più mentali -i nostri pensieri, il nostro rimuginare sulle cose e le previsioni che facciamo sul futuro- sono in eccesso.
Questo eccesso porta con sé delle conseguenze: la nostra forza interiore e tutto ciò che nasce da essa, viene messa in ombra da tutto questo mentale.

Cercherò di spiegarti quanto appena affermato con un’immagine.
Immagina un albero dalla chioma immensa. Lo vedi? Come mi auguro tu riesca ad osservare, la grandezza spropositata della sua chiama fa ombra al suo tronco e a tutto ciò che cresce sotto di lui. Vedi anche questo?
Così succede nell’essere umano quando i pensieri, sempre più pesanti, si affollano nella nostra mente e iniziano ad occupare sempre più spazio dentro di noi fino a diventarne i padroni.
Nella antiche culture che si sono avvalse dell’immagine dell’albero per spiegarci come funziona l’essere umano, la chioma ha sempre rappresentato il nostro aspetto mentale, il tronco i nostri aspetti emozionali e sentimentali, mentre le radici la nostra forza interiore così come la nostra capacità di fare le cose.
Quando il nostro lato mentale ha preso il sopravvento dentro di noi, esso inciderà soprattutto sulla nostra forza interiore e sulle nostre abilità legate al fare; proprio come succede nell’albero le cui radici si ritrovano a dover sostenere tutto il peso di una chioma sempre più fitta e dunque sempre più pesante da sostenere.

Così ci ritroviamo sempre più in balia degli eventi, proprio come succede alle foglie che si piegano al vento. La direzione ci viene imposta dall’esterno.
Le nostre radici sempre più fragili ci fanno percepire la paura, tutto potrebbe crollare da un momento all’altro perché il "Tutto che siamo" non ha solide fondamenta.
Quando questo succede è molto importante ripristinare l’ equilibrio dentro di noi, pena una vita infelice fatta di continui rimuginii e di poca azione e dunque di non manifestazione del proprio sé.
La strada da percorrere è quella che passa per un potenziamento delle nostre radici ovvero dei nostri aspetti più pratici e tangibili della nostra esperienza umana. Quando il mentale sovrasta su tutto il resto e ci si ritrova quasi paralizzati dinnanzi alla vita, bisogna iniziare a nutrire il nostro fare: attività fisica, movimento, lavori con le mani, impastare, fare a maglia, contatto con la terra e dunque esercizi di radicamento come quelli che ci offre la bioenergetica, ma anche passeggiate in mezzo alla natura.

Grazie al nostro corpo noi facciamo, creiamo, ci muoviamo, in sostanza ristabiliamo il contatto con le nostre radici. Quando pensi molto, devi fare altrettanto. Non un fare meccanico, non quello che facciamo tutti i giorni. Ma un fare mirato, fatto per amore: un ballo, anzi più di uno, danze che riattivino il contatto con il tuo corpo. I movimenti, anche quelli danzati, ci permettono di scrollarci di dosso tutta quella pesantezza che proviene dal mentale e che si appiccica al nostro corpo proprio quando siamo invasi dai pensieri.
Anche il creare qualcosa lavora in questa direzione: crea ciò che ti dà piacere. Usa le mani, veicolo della nostra espressione più autentica. Fa’, fa’ per ricontattare quella gioia che sembra essersi nascosta dietro a tutta quella coltre di pensieri.
Tutto questo ci aiuta a ripulirci da tutto ciò che intorno alla nostra testa non smette di sorvolare, fino a planare dentro di noi. Tutto questo si chiama cura di se stessi.
Ma c’è un passaggio intermedio in quest’opera di ripristino dell’equilibrio, opera che richiede la nostra attenzione e presa in carico durante tutta la nostra vita: e questo passaggio riguarda ciò che in un albero si situa tra la chioma -il nostro aspetto mentale, e le radici -il nostro fare- ed è il tronco.
Il tronco come ti ho accennato poco fa, rappresenta simbolicamente le nostre emozioni, i nostri sentimenti, le nostre relazioni. Qui si situa il centro dell’intera struttura, vegetale o umana che sia.
L’emotivo è a tutti gli effetti il nostro centro, il centro prettamente umano che ci differenzia da altre specie e che pertanto ha bisogno di essere nutrito e riconosciuto da noi, in tutta la sua importanza, proprio perché ci caratterizza.
Passare inevitabilmente per il tronco significa, avere cura delle proprie emozioni e dei bisogni irrisolti dei nostri bambini interiori. Ti invito a leggere il mio articolo "Bambino genitore adulto: siamo tre in Uno" che trovi cliccando su questo link per approfondire la tematica del bambino interiore.
In questo passaggio siamo chiamati a donare comprensione ed amore alle nostre parti fragili. Il nostro mentale in sovraccarico è senz’altro un nostro aspetto di fragilità: se siamo sempre affollati da pensieri, se dinnanzi a noi si aprono di continuo scenari che riguardano il futuro, se i nostro pensieri sono cupi e carichi di preoccupazioni, questo è un nostro aspetto di fragilità e come tale va in prima istanza riconosciuto.
Volersene sbarazzare, come a dire “basta con tutti sti pensieri!!!” non serve a nulla anzi va a dare ancor più potere al mentale. La chiave è quella di riconoscerlo come nostro aspetto di fragilità e offrirgli pertanto la nostra comprensione.

Andare a ricontattare la nostra parte bambina che per svariati motivi ha iniziato a dare sempre più peso ai pensieri a discapito del fare, è fondamentale. Mentre la ricontattiamo è bene rivolgerle parole dolci che le facciano sentire che comprendiamo il suo stato d’animo. Potremmo rivolgerle le seguenti parole: “quanto peso che ti porti addosso piccola mia, quanta nebbia intorno a te, vieni qui da me, vediamo se con un caldo abbraccio questa nebbia si dirada un po’”. Possiamo immaginare poi, mentre teniamo tra le braccia la nostra bambina interiore, di osservare insieme a lei queste nubi che pian pianino si allontanano da sopra di noi per riprendere la loro corsa, allontanandosi dalle nostre teste.
Ovviamente questa è una pratica che va per l’appunto praticata. Non serve a nulla farla una o due volte. Deve diventare il nostro modo di lavorare su noi stessi ogni volta che sentiamo l’interferenza del pensiero.
Per oggi è tutto,
Buon Lavoro e buona Cura di te stess@
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Un caro saluto e alla prossima
Wilma Riolo
-Psicologa e Libera Ricercatrice-
wilma.riolo@gmail.com
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